La frazione Rongio di Masserano

L'arte, la morte e la risurrezione

Una parrocchia, San Pietro in Aravecchia, periferia di Vercelli. Un parroco che ha nel cuore la missione. Sorgono opere caritative e solidaristiche, una comunità di accoglienza e l'arte contemporanea diventa occasione di dialogo.
Una Via Crucis si inoltra nei campi.
Un'esperienza nuova: la Via Crucis, che si prolunga nella via della Risurrezione, è stata ideata da Don Luigi Longhi e realizzata tra il gennaio e l'agosto del 1999 in Località Molin Camillo, presso Rongio nel Comune di Masserano (Biella). I ragazzi della Comunità di Aravecchia hanno preparato il terreno e collocato lungo il sentiero, tra i prati, le sculture realizzate da diversi artisti: questa è la "loro" Via e si occupano della manutenzione della zona e di accompagnare i visitatori. Diversi professionisti hanno collaborato: il Prof. Marco Rosci ne ha curato la preparazione artistica, il coordinatore tecnico è stata Carla Crosio, l'architetto Anna Ansaldi si è occupato della direzione lavori e della sistemazione degli spazi, Massimo Falcone è stato il capo cantiere e Giuseppe Papetti ha curato gli affreschi della chiesetta in cui termina la Via. Le diverse stazioni sono state realizzate con sculture di Mirta Carroli (Ultima cena), Adriano Campisi (Gesù lava i piedi degli Apostoli), Luisa Valentini (Gesù nell'orto degli ulivi), Paola Malato (Gesù pestato), Giovanni Crippa (Gesù condannato), Valerio Tedeschi (Gesù flagellato), Teresa Bonaventura (Gesù riceve la croce), Perla Flors (Gesù incontra la madre), Pierluigi Fresia (Simone di Cirene porta la croce di Gesù), Marco Porta (Alla ricerca del volto del Signore), Patrizia Giambi (Gesù isola le donne), Pina Inferrera (Gesù cade ancora), Ornella Rovera (Gesù spogliato delle sue vesti), Sergio Floriani (Gesù inchiodato alla croce), Salvatore Fiori (Gesù muore in croce), Carla Crosio (Gesù deposto dalla croce), Sergio Ragalzi (Gesù nel sepolcro), Claudio Rotta Loria (Gesù risorge), Mutus Liber (Gesù appare a Maddalena), Marina Sasso (Spirito Santo, dono del Risorto). "La Via Crucis lungo la forra del Rio Bisignana a Curino (Biella), pensata e realizzata da Don Luigi Longhi con la 'fede che smuove le montagne' è un documento di fede e di arte unico in Italia e forse al mondo nella sua straordinaria somma di valori e significati", scrive Marco Rosci. "Colpisce innanzitutto, in un secolo in cui ha celebrato i suoi trionfi la mercificazione dell'arte anche nelle sue espressioni più avanguardistiche, la risposta entusiastica e profondamente consapevole dei valori in gioco, come dimostrano le opere, da parte dei 20 artisti mediamente giovani e tutti impegnati nelle posizioni più avanzate dell'arte plastica e spaziale contemporanea. È già questo uno dei significati alti e preziosi dell'operazione: la risoluzione di un dibattito che ha coinvolto nel nostro secolo in pari grado cultura laica e cultura ecclesiale sulla possibilità di incontro fra arte sacra nel senso più stretto ed ecumenico del termine e le varie espressioni dell'arte contemporanea d'avanguardia, anche quelle aniconiche.


5 minuti con... i falò

Frazione Rongio di Masserano: pochissimi abitanti, forse soltanto 100. Uno di loro, Sergio Marucchi, ha trasformato una tradizione popolare in una passione personale. Aiutato dal parroco ha compiuto continue ricerche "sul campo" in merito alla cultura locale, altrimenti dimenticata perché tramandata soltanto oralmente.
Dal 1971 in poi, Sergio si è preoccupato di annotare storie e leggende della cultura popolare della piccola frazione di Masserano ricostruendo anche l'albero genealogico degli abitanti del luogo.
Rongio, infatti, vantava l'antica tradizione del falò della notte di Natale ed ha voluto recuperarla. Poche sono infatti le testimonianze scritte sulle antiche tradizioni dei falò in terra biellese e la maggior parte delle stesse è stata tramandata, purtroppo soltanto oralmente, dagli anziani dei piccoli paesi che conservano ancora, nei loro ricordi, le memorie del passato.


La "bundansa" di Rongio (Masserano) 1985

Nel 1997 non c'è più nessuno che voglia occuparsi attivamente del falò di Rongio, (che assume ormai le caratteristiche di una "gara" per quanto riguarda l'altezza delle fiamme), tanto che Sergio diventa l'artefice stesso e l'organizzatore del magico falò.
Ma quale significato si attribuiva a questo antico rito? Forse fu inizialmente un rito pagano che intendeva, attraverso l'azione purificatrice del fuoco, "bruciare" il vecchio per accogliere "il nuovo". Si immagina che, a seconda della direzione presa dalle scintille, si potesse prevedere un'annata (agraria) buona oppure un periodo di carestia. Verso il "mattino" annata buona, verso la "sera" annata scarsa.
Prima della seconda guerra mondiale i ragazzi delle varie frazioni gareggiavano fra loro per avere il falò più alto, quello più grande e così via...
Oggi non esiste più rivalità fra le varie frazioni anche e soprattutto perché l'unico residuo delle antiche tradizioni è il falò di Rongio che ogni anno richiama più di mille spettatori.
Sorge spontanea una domanda: quale direzione hanno preso le scintille nella trascorsa notte di Natale dell'anno 2002?


La Bundansia

Tratto dal "Salus Infirmorum" - Bollettino Parrocchiale di Masserano
Anno 108°
Gennaio - aprile 2018

Tutti conoscono la bundansia di Rongio, ma molti ignorano che l'accensione dei falò alla vigilia di Natale era una tradizione diffusa un tempo in buona parte del Biellese orientale. Si trattava di un "rito" complesso ed articolato; gli elementi ricorrenti, anche se non sempre presenti nei singoli casi, erano i seguenti:

Sulla base delle fonti dirette e indirette, si può stimare che negli anni '30 del '900 durante la notte della vigilia di Natale nel Biellese orientale si accendessero circa centocinquanta falò. La tradizione era presente a Bioglio, Pistolesa, Veglio Mosso, Valle Mosso, Mosso S. Maria, Trivero, Portula, Strona, Casapinta, Mezzana, Crosa, Soprana, Pray, Curino, Coggiola, Sostegno, Brusnengo e Masserano. Il falò assumeva nomi diversi nei vari paesi, ad esempio si chiamava ricöch a Curino e nel Triverese, arsciòla nel Mortigliengo; a Masserano era invece la bundansia (o abudansia), con chiaro riferimento all'aspetto divinatorio, perché a seconda della direzione assunta dalle faville si traevano pronostici sull'abbondanza dei raccolti dell'anno successivo. A Rongio si diceva: "A la matin, bundansia ad pan e vin, a la sera miseria!". Ossia: "A mattino (=est) abbondanza di pane e vino, a sera (=ovest) miseria!". Le altre direzioni non erano previste, forse perché i nostri antenati avevano notato che i venti nelle notti di dicembre soffiavano in prevalenza sempre verso est o verso ovest. Nel territorio del nostro comune la tradizione era molto diffusa. La struttura del falò era pressoché identica in tutti i casi: consisteva in un tronco di ontano (auna) con i rami tagliati alla lunghezza di circa un metro che veniva conficcato nel terreno e poi rivestito con fasci di felci (fasinet). Alla base del tronco erano appoggiati verticalmente dei fasci di culmi di granoturco (margasce) e talvolta vecchie fascine di rami e di sarmenti; sulla sommità veniva fissato un cespuglio di ginepro. Il fuoco veniva appiccato facendo roteare delle "girandole" infuocate, preparate con strisce di corteccia di ciliegio essiccata, che a Rongio si chiamavano paiarö, nel capoluogo girasul, nelle frazioni "alte" i lümin. Attorno al 1925 le bundansie a Masserano erano oltre una ventina:

Si accendevano falò anche al Canarone, alla Bonda, a Scalabrino, alla Cascina Bianca, alla Rocca, a 'n Gam. Nella maggior parte dei casi la tradizione cessò negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale, ma in alcuni casi proseguì sino ai primi anni '50 del '900; oggi sopravvive solo a Rongio, dove è stata ripresa in modo continuativo a partire dal 1977. Per quanto riguarda l'origine dell'usanza di accendere fuochi nella notte della vigilia di Natale, si legge spesso l'affermazione che si tratta di una "tradizione millenaria". In realtà, in assenza di fonti scritte, si può tuttalpiù affermare che - sulla base delle testimonianze orali - nelle forme giunte sino a noi la tradizione sia plurisecolare. Nei decenni scorsi alcuni autori biellesi hanno proposto al riguardo delle teorie che, analizzate criticamente, paiono basate su pregiudizi ideologici piuttosto che su considerazioni di tipo storico o antropologico. La prima ipotesi, sostenuta da Gustavo Buratti e da altri, ritiene i falò di origine celtica, derivati da riti praticati in occasione del solstizio d'inverno. La presenza di elementi precristiani è evidente (ad esempio il valore divinatorio), ma l'ipotesi di una "continuità" con i riti celtici si scontra immediatamente con il fatto - accertato - che i Celti non celebravano affatto i solstizi: le loro festività principali, infatti, cadevano il 1° novembre, il 1° febbraio, il 1° maggio e il 1° agosto, e soltanto in tali occasioni essi accendevano, probabilmente, dei grandi fuochi. Un altro importante indizio, avverso a questa ipotesi, è il fatto che i falò della vigilia di Natale erano assenti in quasi tutta l'area di influenza celtica, mentre erano - e sono tuttora - diffusi in molte zone estranee a questa cultura, quali il Molise, il Cilento (Campania), la Calabria e la Sicilia orientale. La seconda ipotesi, sostenuta da don Vittorino Barale, vuole i falò di origine cristiana, legati alla liturgia natalizia incentrata sul tema «Gesù - luce del mondo». Lo studioso basava le sue considerazioni innanzitutto sull'osservazione che la Chiesa, potendo esercitare un pesante controllo sulla vita sociale dei fedeli, non avrebbe tollerato nel corso dei secoli la sopravvivenza di riti palesemente pagani. Anche questa interpretazione è debole, sia perché alcuni riti dì origine precristiana sono sopravvissuti alla cristianizzazione (ad esempio il carnevale), sia perché sottintende l'idea che l'autorità (in questo caso la Chiesa) possa suggerire o imporre un "significato" ad una manifestazione prettamente popolare. Gli studiosi moderni ritengono viceversa che nelle manifestazioni della cultura popolare in genere si crei prima il "rito" e poi si costruisca il "mito" per giustificare le modalità ed i contenuti dello stesso. Concludendo, l'ipotesi più probabile sull'origine dei falò biellesi è che essi non rappresentino la diretta sopravvivenza di un rito solstiziale precristiano e neppure un cerimoniale basato sui simboli cristiani, bensì la ripresa in occasione di una festa cristiana di elementi rituali latenti, se non addirittura l'adattamento e la traslazione da altra data di una precedente festa pagana. Non dimentichiamo, infatti, che contrariamente a quanto si tende a credere le "tradizioni" non sono affatto statiche, ma si adattano e si modificano col mutare del contesto sociale e culturale delle società nelle quali esse si tramandano.

Sergio Marucchi

Il falò dell'abbondanza di Rongio

Come ogni anno, nella notte della vigilia di Natale, si ripete a Rongio di Masserano il rito dell'accensione del falò dell'Abbondanza (la "bondansia").
Si tratta di una tradizione antichissima, un tempo diffusa, con vari nomi, in tutto il Biellese orientale ed ora quasi scomparsa. Il falò di Rongio è senz'altro il più spettacolare, con i suoi quasi venti metri di altezza, ed è anche uno dei pochi costruiti nel rispetto della tradizione: il tronco centrale è rigorosamente di ontano (auna), il rivestimento è fatto di fasci di felci e fascine. Dalla direzione delle faville (faleuspe) un tempo i contadini traevano presagi per i raccolti dell'anno a venire: "A la matin bondansia ad pan e vin, a la sera miseria!" ("A mattina abbondanza di pane e vino, alla sera miseria!").
La messa comincia alle ore 23.30 con il Coro di Rongio che eseguirà un repertorio di canti gospel sotto la direzione del m.o Aurelio Pitino, con Marco Genta alla tastiera. Dopo la messa, con le girandole infuocate (paiareu) verrà appiccato il fuoco al grande falò.
Ai presenti sarà distribuito il vin brülé preparato dagli organizzatori.
(Per ulteriori informazioni: Sergio Marucchi 015/9517730, cell. 340/2893960, e-mail: c...[email protected], oppure consultare l'articolo su Wikipedia)

Qui sotto c'è una cartina per aiutare coloro che non conoscono la strada:


Visualizzazione ingrandita della mappa

Chi è iscritto a Facebook, può confermare la propria presenza nella pagina dell'evento.

Sono disponibili su YouTube e Picasa web album alcuni contenuti multimediali del falò mentre brucia:

Votate e commentate!

XHTML 1.0 Strict valido!